venerdì 23 maggio 2008

Tu chi sei... che parli diverso!

Un giorno di alcuni anni fa, in un posto pieno di neve















il Mottolino di Livigno,














mentre ero li per seguire quello che sarebbe restato nella mia memoria un mio grande giorno, consumando l'attesa guardando il grande palco che era stato montato per l'occasione, la mia attenzione è stata rubata da un piccolo palchetto laterale.
Un piccolo palco che sembrava li per caso, che sembrava scusarsi per la sua presenza come se stesse deturpando un paesaggio destinato ad altra grandezza, come se quella grandezza fosse la sola a dover avere senso di esistere in quel contesto di cavi di funivie come ragnatele e di gatti che di felino non avevano proprio niente.















Aspettavo un momento di musica bellissimo che ci sarebbe stato da li a poco nel mezzo dell'impazienza dei tanti amici fans come me, che vedevano passare il tempo troppo lentamente nell'attesa del loro e mio idolo.
Ma attorno a quel piccolo palco, un piccolo pubblico di fedelissimi certamente molto appassionati e una musica accattivante, mi ha rubato l'attenzione. Mi sono avvicinato e, pur non riuscendo in quell'occasione a realizzarne del tutto il valore, ho colto in quel personaggio che si esprimeva in un linguaggio tanto famigliare per me, un qualcosa di particolare.



Ho voluto capire un po’ meglio cosa usciva da quel personaggio poco tempo dopo a Lugano e da li, dentro di me è partito un nuovo percorso, di musica e parole per sognare e per pensare.Oggi penso con simpatia a quel palchetto laterale, quel palchetto che allora non ho capito fino in fondo, quel palchetto che in realtà ha un po’ urtato il mio buonsenso che mi chiedeva: "perché ce n'è bisogno?" "perché quel piccolo artista non può esibirsi sullo stesso palco dell'artista osannato?". Ci penso e penso se quell'uomo, Davide, avrebbe mai pensato allora di trovarsi davanti ad un mare di braccia e di affetto, come quello che qualche anno dopo lo ha cinto al Forum di Milano.














Ci penso... e penso a come tante volte non prestiamo l'orecchio nel modo giusto a ciò che ci circonda, non lo facciamo per partito preso, o peggio per pigrizia, presi come siamo da ciò che abbiamo e che non ci fa guardare fuori dai confini del nostro mondo conosciuto e della nostra presupponenza, come se scoprire qualcosa di nuovo ci preoccupa o addirittura spaventa... e così non ci accorgiamo dei suoni, delle parole, della poesia che spesso non è poi nemmeno tanto nascosta intorno a noi. E oggi vorrei chiedere a chi quel giorno attorno a me non ha voluto ascoltare ciò che si alzava da quel palco, se non gli viene un pensiero, una curiosità nel vedere tutto questo...














nel vedere che c'è un altro mondo che parla diverso, ma che come noi insegue una sua via in cerca di sé. E che lo fa poi con la stessa energia e la stessa poesia con cui la cercano tutti. Magari quel mondo ha parole e sembianze diverse che possono anche non piacere, giusto che sia così, guai se non lo fosse, ma proviamo ad ascoltare prima di dire che non ci piace e proviamo soprattutto a capire.
Se anche troveremo un solo suono, un solo sogno o un solo gesto che ci accomuna, diventeremo un po’ più ricchi.
Ricordo un amico che un giorno mi diceva: " se abbiamo un euro ciascuno e ce li scambiamo, avremo sempre un solo euro ciascuno, ma se abbiamo un'idea e ce la scambiamo, poi ognuno di noi avrà due idee e davvero saremo un po’ più ricchi tutti e due."

Renato

Piccole gioie

Come si sfugge ad un grande dolore, ad un qualsiasi grande dolore... il dolore per una persona che non vedrai più, il dolore di un tradimento, il dolore di una speranza delusa o di quello che da il non sentirsi considerati persone da chi tanto ci tieni che lo faccia... si sfugge o, più realisticamente, si impara a conviverci vivendo così come si riesce a farlo. Non importa se lo si fa con rabbia, con risentimento, con delusione... l'importante è vivere e vivere aggrappandosi a ciò che ci aiuta a farlo, non importa cosa, purche sia vivere.
Vivere... vivere di noi stessi e di ciò che ci fa bene, fosse anche la rabbia, fosse anche qualche piccola gioia che ci fa sentire ridicoli, o che ci fa pensare che non verremo compresi, o addirittura, che ci fa pensare che verremo giudicati male per questo.
Ma che ci importa? Che ci importa se quel che faremo ci aiuterà a coprire la voce dell'animale lurido che grida dentro di noi? Che ci importa se quella cosa che ci fa sentire ridicoli, che ci fa sentire giudicati, ci permette di porgere gli occhi a quel cielo che ci da risposte e a quel vento che asciuga le lacrime?
E allora andiamo avanti per quella strada che ha visto il nostro passo stanco e incerto, andiamo avanti in quella piazza dove la gente ride e urla, andiamo avanti in quel parco dove i bambini saltano e cantano, rincorrono un pallone e lo seguono con gli occhi mentre macchia l'azzurro del cielo. Andiamo avanti anche se ci sentiamo soli e presentiamoci a quella porta, che sembra un disegno con i colori fuori posto, andiamo avanti con la borsa piena di ciò che ci da energia, qualunque cosa sia... e bussiamo, bussiamo forte alla porta della vita, perché ogni volta che torniamo a vivere, così come siamo capaci, non è mai una cosa fuori posto.
Renato.

martedì 6 maggio 2008

Insegnamenti...

Fra le tante positività di Luca, ci sono insegnamenti che credo noi tutti, ed in particolare i ragazzi, dobbiamo cogliere.
Luca amava il calcio, lo amava profondamente e senza nessun desiderio di divismo. Amava il senso che conteneva nell'essere essenzialmente gioco di squadra, nell'essere un gioco che insegna ad essere solidali e a sostenersi l'un l'altro. Così, come succede a tutti quelli che amano i giochi di squadra e non amano i riflettori ad ogni costo.
Rubo parole di una persona che conosceva Luca meglio di me e che ha cercato di interpretare una parte di quello che sarebbe stato il testamento spirituale che Luca di sicuro ci avrebbe lasciato, se avesse fatto in tempo a scriverlo di suo pugno:

" Volevo solo raccomandarvi di restare uniti, perché ho lasciato i miei familiari a giocare una partita molto difficile per la loro vita terrena. Quindi vi chiedo di restare uniti come una squadra, perché una vera squadra è vincente solo quando è compatta. E se dovesse perdere, sono convinto che unita riesce sempre a risolvere tutti i problemi di questa partita della vita, anche se a volte è molto difficile."

Perché questo è il senso vero dell'amicizia, dell'amicizia portata al servizio di un gioco che lui amava, oppure viceversa, un gioco che amava al servizio di un insegnamento su come essere davvero amici.

Ma c'è un'altra cosa che credo forse sia ancora più importante.

Luca non amava studiare, ma non ha cercato alibi o scuse, ha scelto giovanissimo di prendersi le sue responsabilità e giovanissimo è andato a lavorare.
In poco tempo era diventato molto apprezzato per la passione con cui svolgeva il suo lavoro di idraulico, ed in poco tempo, in questo campo si era messo in condizione di dire la sua con cognizione di causa.
Prendeva il suo lavoro con serietà, così come con serietà si recava agli allenamenti, in questo modo si costruiva un futuro certo da idraulico, uno certo di appassionato calciatore e un altro che era la somma di tutto questo, quello di essere uomo.
Credo che da qui possa uscirne una riflessione rivolta ai tanti ragazzi che passano la vita cazzeggiando in improbabili percorsi scolastici, volti a creare un illusorio senso di impegno nei confronti di quel particolare periodo della loro vita che è l'adolescenza.
Se non c'è passione, voglia, interesse nello studio, si finisce con l'acquisire un diploma che non vi darà gran che e, magari dopo anni in più del necessario, avrete fra le mani un pezzo di carta che difficilmente vale quel che dovrebbe.
Luca, aiutato e soprattutto, compreso dai genitori, si è reso conto di tutto questo.
Come dicevo, la sua è stata una intelligente scelta di responsabilità che lo avrebbe portato ad imparare un mestiere, uno di quelli di cui oggi c'è particolarmente bisogno.
Questo voglio dire ai ragazzi... piuttosto che tirare a campare in uno svogliato percorso scolastico che vi fa essere di fatto eterni adolescenti, è molto più intelligente e responsabile scegliere un mestiere.
Uno dei tanti mestieri che oggi servono a questa società e, forse in un vostro domani (quando sarete donne e uomini veri con l'adolescenza nel suo posto giusto, nel cuore), tornerete a scuola con una nuova voglia e determinazione per rafforzare e sancire ciò che la vita vi avrà insegnato.
Io sono certo che Luca lo avrebbe fatto!

venerdì 2 maggio 2008

Un mosaico...

Voglio pensare a questa umanità come ad un grande mosaico, si mette qualche nuovo tassello e a volte qualche tassello si perde... un mosaico che cambia continuamente forma, colore e significato... un mosaico che si compone e scompone di continuo, non solo con le partenze e gli arrivi dei tasselli, ma anche con la figura che cambia nel tempo con il cambiare nel tempo degli stessi tasselli.
Un mosaico che progredisce e qualche volta indietreggia, ma sempre portando in sé la speranza che hanno le persone semplici di farlo cambiare in direzione di un disegno più giusto, più bello, dai giusti cromatismi, dove per tutti ci sia davvero il posto giusto che permette di dare il meglio di sé.
Ogni tassello che si perde è un vuoto che rimane nel cuore di tutti gli altri tasselli rimasti, ma quando si perde un tassello giovane... si perde un pezzo di futuro, si perde un pezzo di percorso per tutta l'umanità e con lui, è anche un pezzo di speranza che viene a mancare.
Renato