sabato 30 maggio 2009

Testi Concerto per il 25 aprile

Per leggere qualcosa di quel giorno, Qui trovate qualcosa, in particolare una delle parti poetiche.
Buona lettura.

venerdì 8 maggio 2009

Concerto per il 25 aprile.

Un pomeriggio con il cuore a mille, nessun grande richiamo esterno oltre a ciò che noi stessi eravamo riusciti a produrre, un acquazzone che ha flagellato Paullo prima e durante lo spettacolo, una pubblicità dell’evento molto scarsa, anche perché la data di effettuazione dello spettacolo era stata in dubbio e cambiata poco prima, insomma, non c’erano buoni auspici.
E’ vero che si trattava di uno spettacolo con un impianto in gran parte basato su una lettura interpretativa, ma sul posto era stata effettuata una sola prova la mattina stessa dell’evento, anche ciò che sembrava banale ci dava qualche problema che per un neofita come me sembrava grandissimo, ad esempio, il bilanciamento dei volumi delle voci nei confonti delle musiche.
Però, stare li sul posto, qualche volto amico che pian piano arrivava e con il quale si cominciava a strappare il telo grigio della tensione della vigilia, la sala che pian piano si riempiva, insomma il tutto costringeva a darsi un tono, che pian piano diventava il tono giusto per affrontare un qualcosa che ormai è li e al quale non puoi più scappare.
L’assessore che mi chiama per introdurre la serata… sapevo che lo avrebbe fatto, ma non sono mai abbastanza preparato a queste cose, per cui non ho trovato di meglio che cercare di ripercorrere dentro di me le sensazioni e lo sviluppo che avevo voluto dare a questo lavoro… un testo che parte da un ricordo e che si spinge in una speranza passando per un dubbio… così ho cercato di spiegare il mio testo e non è stato facile spiegare il dubbio… il dubbio che lasci consapevole che se dai risposte alle domande che ti faranno potresti farti spiazzare dalla paura dell’oggi e dimenticarti del sogno di domani… e allora devi andare senza dare risposte, forte solo della spinta che senti dentro a dover andare, senza guardarsi indietro, perché guardarsi indietro è già un po’ lasciare per strada un po’ della tua convinzione.
Il ricordo era ciò che mi ha regalato chi mi ha aiutato a calarmi dentro una tragedia che io non ho vissuto, per cercare di capirne i risvolti più crudeli e gli slanci più umani, la speranza era quella di un 25 aprile che arrivasse a tutte le persone della terra, alle tante guerre dimenticate fra popoli e popoli, fra popolazioni ed oppressori e delle quali ne vediamo le conseguenze anche noi, sulle coste di Lampedusa o sui nostri confini del Carso Friulano.
E’ strano scrivere un testo e sentirlo leggere o in qualche modo interpretare da qualcuno che sta al di fuori di te, è come riportare dentro di te le emozioni che hai fatto uscire scrivendolo, ma quando tornano dentro hanno colori e sfumature diverse, hanno toni e ritmi che non immagini e dei quali non eri consapevole.
Ne cerchi l’inizio e la fine della matassa, ogni parola chiama il presupposto al quale si era rivolta, ma ti accorgi che per gli altri può avere un significato tutto diverso, che spesso si spinge dove nemmeno tu avevi immaginato potesse arrivare.
Credo che questo possa succeder a chiunque, non dipende dall’aver scritto una storia o un ricordo valido o meno, bella o brutta che sia dipende solo dal fatto che quando le parole non sono più soltanto tue, per chi le ascolta e se le fa proprie, diventano veicoli per viaggiare in un mondo che è solo loro, delle loro esperienze e del mondo che vedono in sottofondo a quelle parole.
Guardando la gente mi sono accorto di quanto la sala fosse più piena di quanto mi aspettavo, ascoltando le prime note mi sono accorto che c’era nelle persone voglia di capire, di partecipare.
All’introduzione di flauto e chitarra prima, alle prime parole poi… un silenzio… un silenzio partecipe e intenso. Il testo scorreva e dentro di me scorreva la consapevolezza che quei ragazzi stavano facendo del loro meglio.
Scorreva il racconto delle due sfollate, le parti poetiche a dare corpo alle loro emozioni di foglie vissute su un ramo in attesa. Scorrevano i pensieri dei partigiani ritornati alle loro case con i loro dubbi e con la poesia a cercare di dare corpo a quel pensiero fisso che sentivano in testa. Scorreva il racconto in musica del cavaliere senza morte, di Davide Bernasconi (Van De Sfroos), sul quale ho insistito nella presentazione della serata come il personaggio più emblematico, quello condannato a non morire mai e che vede passare e cambiare la vita attorno a sé senza mai veder cambiare la triste realtà della guerra. Scorreva il racconto del soldato che corre per vivere e nella fame condivisa trova un momento di umanità, racconto aperto e chiuso da una canzone dei Nomadi. Scorre la speranza che una favola bella di chi le favole non le sente mai diventi una realtà, che il futuro sarà migliore, che nel futuro arriverà il 25 aprile per tutti!
Il tutto adagiato sul tappeto musicale creato dai musicisti di Teatro Frontiera.
Un attimo di silenzio alla fine… ma è già finito chiede una signora dietro di me? Si è finito! E l’applauso intenso e scrosciante del finale è il giusto premio a questi ragazzi che hanno dato un corpo e un’anima alle mie parole.
Mani da stringere, qualche persona che mi confessa di essersi commossa… e si va via sotto la pioggia, ma ormai di questa pioggia non mi importava più.
Grazie a:
Chiara, Martina, Simona, Lorenzini, Davide per tutte le parti di lettura interpretativa.
Davide e Gaetano per aver suonato e cantato nel Cavaliere senza morte, nella canzone dei Nomadi e in tutto il resto.
Ancora Chiara Martina e Simona per i cori.
In particolare ad Alfredo che ha composto e interpretato le musiche inedite e quelle conosciute.
Maria Rosa per la regia e la pazienza.
Franco per i consigli e le “dritte” sempre gradite.
Mia moglie Rita che mi ha sempre sostenuto ed incoraggiato in questo progetto.
Mario e Stefano, che mi hanno dato la possibilità di realizzare tutto questo.

Renato.