giovedì 20 novembre 2008

per Eluana

In questi giorni non riesco a non pensare ad Eluana Englaro, penso a quella che è stata la sua vita, ai suoi sogni e alle sue aspirazioni, ai suoi piccoli e grandi dolori e alle sue piccole e grandi gioie.
Una ragazza come tante che viveva la vita che voleva vivere, o meglio che cercava di vivere la vita che voleva, perché in realtà questa vita è lei che approfitta di noi lasciando dietro ad ogni curva del nostro cammino un qualcosa di imponderabile, un qualcosa davanti al quale non c’è ragione o volontà, un qualcosa che ci dirige dove sta scritto, senza che noi possiamo leggerlo, nel nostro destino.
La sua era una vita di giuste ambizioni giovanili, di speranza in un amore, di un lavoro che la facesse esprimere al meglio, di un vestito nuovo che la facesse star meglio… è così difficile sentirsi a proprio agio in questa vita che ogni tentativo lecito di riconoscersi quando si fanno i conti con noi stessi può andar bene.
Ora sta lì nel suo letto di sofferenza sostenuta da un sondino che gli permette, o forse è meglio dire, la costringe a vivere una vita che non è più la sua, sta li in balia di un tempo che passa lentamente per tutti noi e che nello stesso tempo per lei non scorre.
Certo, per lei non scorre, perché per lei è fermo a 17 anni fa, è fermo a quel tragico giorno in cui un albero ha fermato la sua giovanile esuberanza.
Per i suoi cari invece, ma soprattutto per suo padre, al quale mi sento tanto vicino, questo tempo è passato solo per uccidere la speranza che quella ragazza si possa riprendere e quando muore la speranza, non rimane che una sofferenza e una pena che ormai durano da tanti, troppi anni.
La sofferenza di un uomo che vede nella figlia una vita che non è più vita, la pena di un uomo che vede per la figlia una nuova vita a cui negano la possibilità di poter accedere.
Ormai le vite che si stanno perdendo rischiano di essere due, forse di più, come succede spesso dietro a situazioni di così grande dolore e disagio.
Ma io credo, spero, che il Dio buono del quale nessuno conosce la vera essenza, se la sia già portata via con sé da tanto tempo, forse già da quella tragica serata di 17 anni fa, se la sia portata in quel posto dove non soffre più nessuno e dove tutto è giustizia. Solo noi uomini ci ostiniamo a tenere qui un corpo che non ha più speranza.
La nostra scienza trova un punto dove si deve fermare, ma in attesa di un nuovo orizzonte c’è una cosa che si potrebbe ancora fare, visto che esiste in alcuni il dubbio di una ulteriore sofferenza per quel corpo senza speranza, al punto che staccando il sondino si pensa di dargli dei sedativi e degli antiepilettici, il giusto passo che dovrebbe fare la scienza (e lo Stato dovrebbe permetterlo) è condurre quel corpo ad una dolce morte, all’eutanasia.
In Italia l'eutanasia non esiste, ma davanti ad una simile situazione, lo stato dovrebbe legiferare in tal senso, per dare questa possibilità a tutti quelli che non vorranno che possa esistere un'altra volta una storia inutilmente straziante come quella di Eluana.
Sopratutto quando questa volontà sia stata chiaramente espressa in vita dalle persone interessate.
Eluana io credo che ci stia guardando già dalla sua nuova vita, quella che è nata 17 anni fa, ci chiede di essere lasciata libera, ci chiede di essere lasciata libera di andare verso quella completa felicità che oggi sente offuscata da un dolore che non gli permettiamo di togliere a chi gli vuole bene.
Vorrei abbracciare il sign. Beppino Englaro, esprimergli la mia stima per ciò che sta facendo per sua figlia e cercare di dargli coraggio, un uomo che soffre da tanti anni con quella dignità, credo sia davvero un grand’uomo.