giovedì 22 novembre 2007

Breve racconto di una lunga serata PARTE 2

Servono parole semplici per entrare dritti nel cervello, la vita è fatta da tanti piccoli fatti, alzarsi al mattino, lavarsi, mangiare, scorrere il tempo fra il percorrere una strada e il pensare alla strada da percorrere e tutto questo significa vivere... così come amare soffrire e gioire e quando dentro rimane la pace di un silenzio vincitore, nasce una poesia...

L'è mea vèra che nel silenzio
dorma dumà la malincunìa
l'è mea vèra che un tuscanèll
l'è mea bòn de fa una puesìa

Una poesia è una piccola cosa, ma quando hai finito di leggerla, di recitarla o di scriverla, bella o brutta che sia, quando l'hai sentita davvero tua, ti fa guardare lontano un po’ più padrone di te stesso, come se di te stesso hai ritrovato qualcosa e lo tieni saldamente in mano. E vai con il vissuto del tuo scontro generazionale, de fiöö càn o campion, del lègn di ier e dla plastica de incöö, e vai come una barca sul lago, tracciando scie leggere, e vai assieme alla tua vita cercando di esserne protagonista ("la vita la gira fin che gira l'elica, ma la gira per nagööt se te ghet mea ben in man el timon") in cerca di una luce, miraggio d'infinito che dia energia per trovare tutti i giorni un motivo per affrontare il giorno dopo ( "non ho incontrato gente, ma solo fari accesi, non crescono girasoli qui dove il mondo è spento... ed ho imparato i segni e i sogni della roccia, gli ho mescolato i miei, l'ho frantumata tutta") e affrontarne le difficoltà.
La serata continua con sempre maggiore intensità, con la musica che si mescola alle parole di Davide strappando sorrisi, risate e pensieri ad un pubblico attento, gioioso e partecipe. Mi viene da pensare a come sarebbe stato bello se a scuola l'Iliade e l'Odissea ci fosse stato Davide a spiegarcele: credo che le avremmo sicuramente amate tutti.
Davide si lascia andare nei suoi monologhi, con un atteggiamento in cui sembra chiedere scusa, di chi dice: "Scusatemi se mi hanno voluto qui e vi racconto tutte queste cose, scusatemi se so tutte queste cose", ma noi lo staremmo a sentire per ore e quando usciremo da qui, sono certo che ognuno di noi avrà un po' più capacità di capire come una nuvola fa più azzurro l'azzurro di un cielo, o come un barattolo in un campo fa più risaltare ciò che ha attorno di pulito e di essenziale.
Scorrono le canzoni, scorrono i pensieri e l'adrenalina del pre-concerto si trasforma in adrenalina di emozione ascoltando "Il cavaliere senza morte", un pezzo che non so definire in altro modo che geniale.
La mia nonna Adele, la nona Nina per tütt i gent del sò paees, balla anche lei sulle note della nonna stria e tutti noi inseguiamo le note del violino di Anga che volano nell'aria.
Anga spesso ha strappato applausi a scena aperta con i suoi virtuosismi, applausi meritati da quest'uomo che alla musica dedica passione e rispetto.
Applausi meritati anche da Tiziana Zoncada, che colora con la sua voce, creando armonie vocali di estrema bellezza, ciò che Davide e Anga hanno costruito in questa serata.
La serata arriva ormai al suo epilogo. Una fine prima o poi ci deve essere, ma la sensazione è che tutti, ma proprio tutti, avrebbero voluto rimandarla fino a chissà quando perché...

"sö questa vita che vìvum de sfroos
sö questa vita che sògnum de sfroos
in questa nòcch che prégum de sfroos"

una volta tanto abbiamo ripreso il nostro posto. Un posto di persone che lasciano scorrere i pensieri ed i ricordi per riconoscersi, perché senza di essi non sappiamo chi siamo e nessuno di noi vuole perdersi nella nebbia che avvolge l'orizzonte della vita: sono certo che il lago conosce le sue gocce d'acqua una per una e ne conosce la diversità.
Arrivano i saluti, arrivano i ringraziamenti, quanti ne ho dimenticati! So che poco dopo tutto finirà e domani vedrò le sedie verdi di questa sala rimaste vuote e un grande occhio guardarle dalla parete e sorridere, pensando alla gente che ha visto sorridere e giocando con la musica rimasta ancora in sala e che solo lei saprà sentire.
Guardo la gente andare via. Alcuni li conosco, alcuni li conoscerò, altri forse no, ma stasera tutti sono stati qui e tutti mi hanno dato qualcosa da portare nel mio ricordo e nella mia speranza che la musica del pensiero sia infinita.
Ad ognuno di loro che se ne va e che spero un giorno di ritrovare ancora qui, per ringraziarli avrei voluto cantare una canzone, anche se non ho la voce di Davide. Allora l'ho cantata nel cuore, tanto lì suona sempre bene...

ciàpa i mè suspiir
e porta indree i suriis
basa la muntagna
cunt i cavej griis....

Grazie a Davide, a Marco, a Gianni... grazie ad Anga e alla splendida Tiziana, grazie a tutti voi per il vostro essere uomini prima ancora che artisti.
Grazie a mia moglie Rita per aver collaborato alla stesura di questo resoconto.
Grazie a tutti voi che mi avete letto e a quelli che in più ci sono stati.

Ed ora è Eliana ad essere li a braccia aperte,




per contenere tutto il vento che questa sala gli ha regalato e che contribuirà a farla volare sopra la vita e vederla dall'alto, ora che in lei c’è un nuovo sapere, una nuova verità che prima non poteva conoscere.

" rùeera la Breva a scancellà questa mia scia... ma el segn de la mia storia la poorterà mai via".


Renato

P.S. scusatemi per gli eventuali errori di scrittura in dialetto.

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